Così la blockchain salverà il copyright

06.Mar.2019Editoriale

Articolo pubblicato su Milano Finanza del 6 marzo 2019

Abbiamo il dovere di difendere le nostre idee nello stesso modo in cui Bill Gates custodisce gelosamente il Codice Leicester di Leonardo da Vinci, l’unico in mano di privati, acquistato per oltre 30 milioni di dollari. Le idee hanno tutte pari dignità e possono essere semplici quanto rivoluzionarie, basti pensare ai tagli nella tela che hanno donato fama eterna all’artista Lucio Fontana.

Originali, geniali o soltanto abbozzate, le intuizioni sono sempre più oggetto di contesa in un mercato globale nel quale i player si moltiplicano in modo esponenziale. Soprattutto in un settore delicato come quello della proprietà intellettuale, la blockchain è in grado di garantire una regolamentazione meritocratica ed efficiente. La diffusione delle opere digitali ha reso ormai anacronistiche le società di gestione collettiva dei diritti. Per essere al passo con i tempi serve un nuovo paradigma capace di difendere i “big” ma soprattutto gli emergenti.

L’applicazione davvero rivoluzionaria riguarda i brevetti. Depositare una domanda non è semplice e, senza l’aiuto di un esperto, pressoché impossibile. I costi esorbitanti e le lungaggini burocratiche scoraggiano soprattutto le PMI e i singoli autori, favorendo una sorta di posizione dominante delle grandi imprese. La tutela brevettuale implica inoltre un forte rischio di contenzioso, motivo per il quale in molti rinunciano persino a intraprendere l’iter.

Nel 2017 i brevetti richiesti attraverso la catena dei blocchi sono aumentati del 300% rispetto all’anno precedente. A ottenerli sono stati soprattutto colossi del commercio e dei servizi, dell’informatica e della finanza: Alibaba vince questa particolare classifica con 90 concessioni, seguito da IBM (89), MasterCard (80), Bank of America (53) e Banca Popolare Cinese (44).

Nuovi posti di lavoro per nuove figure professionali sono all’orizzonte. L’Italia, finalmente membro dell’European Blockchain Partnership, sta seguendo il sentiero tracciato dall’Unione europea, che in più occasioni si è dimostrata favorevole alla tutela della proprietà intellettuale attraverso la blockchain. L’European Union Intellectual Property Office, il dipartimento preposto, nelle ultime settimane ha lanciato un forum per combattere la contraffazione, definita una “piaga globale”. È la dimostrazione che anche le istituzioni hanno bisogno del contributo delle persone e delle organizzazioni indipendenti per fare rete e costruire insieme il futuro.

Naturalmente l’approvazione di un quadro regolatorio non è la panacea di tutti i mali che affliggono il diritto d’autore. La tutela deve passare necessariamente da un ecosistema formato da pochi ma incisivi servizi capaci di premiare il talento: registrazione di idee davvero vincenti, predisposizione di una vetrina per la loro promozione e tutela legale su tutti.

I vantaggi sono assicurati anche in tema di copyright. Gli autori possono iscrivere le proprie opere in un database condiviso, chiaro e trasparente fornendo tutte le informazioni che riducono al massimo, fino a escluderlo, il pericolo di falsificazione delle opere. La possibilità di effettuare micro-pagamenti con costi di transazione quasi nulli, poi, semplifica notevolmente l’attività di crowdfunding.

Consulcesi Tech e Rehegoo Music Group da tempo applicano la blockchain alla produzione e distribuzione del lavoro degli artisti emergenti minacciati dalle piattaforme di streaming che, nella maggior parte dei casi, non garantiscono loro un equo compenso. Grazie agli Smart Contract non c’è modo di sfuggire agli accordi relativi a licenze e pagamenti digitali in tempo reale. Per questo motivo considero Marco Rinaldo, il fondatore di Rehegoo Music, un visionario paragonabile a giganti come Elon Musk e Jeff Bezos.

L’industria culturale (musicale, cinematografica ed editoriale) più di altre ha subìto il contraccolpo dell’innovazione tecnologica, ma quella che all’inizio è apparsa come una iattura col tempo si è trasformata in un’opportunità. Con la disintermediazione è cambiata la filiera che dalla creazione porta alla produzione e alla distribuzione del prodotto, con maggiori rischi ma anche più trasparenza per gli artisti, che sono liberi di gestire direttamente i propri diritti.

Riflettiamoci quando scarichiamo musica sullo smartphone, quando leggiamo un e-book in pausa pranzo o quando guardiamo un film sul tablet in palestra o in treno. Magari senza popcorn, ma nutrendoci di idee dal valore inestimabile.